Colligēmus fragmenta
L’esperienza di raccogliere frammenti fa parte della natura umana. Fin da bambini si raccolgono sassolini, foglie, conchiglie, poi l’interesse si sposta su frasi, esperienze, fotografie, ritagli di giornali e tanti frammenti di una vita, che si conservano gelosamente perché sono qualcosa che “è stato” e ci ha portati a diventare quello che siamo. L’abate Luigi Bailo, nel suo lavoro, nel suo pensiero, nella sua attività, ha affermato l’onorevole principio «colligite fragmenta ne pereant» e lo ha predicato invitando a raccogliere, ma soprattutto raccogliendo egli stesso, infiniti frammenti affinché non muoiano, perché la scomparsa di una testimonianza artistica, archeologica, epigrafica equivale alla scomparsa di un pezzo di storia e della memoria di quelle persone che quella storia hanno creato: un’architettura, un’opera d’arte, ma anche un semplice oggetto connotato in senso estetico, così come ad esempio un’iscrizione composta anche da poche lettere, ci ricordano un passato che ha a che fare con la vita stessa, con la vita dell’essere umano.
«Aveva ragione il Bailo a usare quest’espressione “fragmenta ne pereant…?” – si è chiesto il professor Claudio Strinati lo scorso aprile quando ci ha onorati di un suo magistrale intervento in occasione della presentazione pubblica del primo numero della rivista FRAGMENTA – Certamente sì, e in qualche modo l’impostazione di questa rivista cerca di ricollegarsi alla mentalità e alle procedure che gli uomini della generazione dell’abate Bailo attuarono. E a quale scopo? Conservare ciò che è ancora carico di senso, anche se è al limite della sparizione». Già nel Cinquecento Raffello Sanzio scrive una lettera (incompiuta) a papa Leone X perché fermi la dispersione e il saccheggio delle rovine dell’antica Roma, la depredazione di quei preziosi frammenti che testimoniano lo splendore dell’epoca imperiale. Raffaello stila un progetto che prevede una sistematica documentazione delle vestigia romane seguendo gli insegnamenti di Vitruvio e Leon Battista Alberti. Come ben illustra Salvatore Settis, queste vicende sono le origini del concetto moderno di tutela del patrimonio culturale che «richiede non solo di essere puntualmente conservato, ma operativamente inventariato, misurato, studiato, compreso nel suo farsi e nel suo disfarsi». Sono questi i concetti guida che ritroviamo nel Codice dei beni culturali e del paesaggio che si preoccupa di tutelarli «affinché possa essere offerto alla conoscenza e al godimento collettivi». Da questi concetti si anima FRAGMENTA: siamo convinti che attraverso i fragmenta si possa ricostruire la continuità storica e si possa comprendere meglio il nostro presente. Viviamo in un’epoca caratterizzata da “frammenti” che scorrono velocissimi grazie a mezzi tecnologici impensabili fino a qualche anno fa: migliaia di immagini e notizie fluiscono quotidianamente davanti ai nostri occhi ma ben poco rimane impresso e fissato come caposaldo per meglio conoscere il nostro passato, il presente e, perché no, il nostro futuro. Ecco per noi l’importanza di far conoscere delle ricerche sul nostro territorio, magari apparentemente disconnesse tra loro, fermandole su carta: conservare questi fragmenta per poterli conoscere oggi e tramandarli anche al futuro, per non disperderli. L’idea di conservazione è molto radicata nella nostra cultura occidentale, italiana in particolare, tanto da aver sviluppato nel corso dei secoli una teoria del restauro volta proprio a tutelare e valorizzare anche i frammenti, che a volte sono ridotti a ruderi. Ma d’altra parte proprio Cesare Brandi ci spiega la potenzialità del rudere e l’importanza fisica e concettuale della sua conservazione: «[...] non potrà dirsi rudere se non cosa che testimoni di un tempo umano, anche se non sia esclusivamente riferibile ad una forma perduta e ricevuta dall’attività umana [...]. Rudero sarà dunque tutto ciò che testimonia della storia umana, ma in un aspetto assai diverso e quasi irriconoscibile rispetto a quello precedentemente rivestito […]. Perciò il restauro, in quanto rivolto al rudero, non può essere che consolidamento e conservazione dello status quo, o il rudero non era un rudero, ma opera che conteneva ancora una sua implicita vitalità per adire ad una reintegrazione dell’unità potenziale originaria». La pubblicazione di singoli frammenti di studi ha per noi proprio questa valenza: promuovere la legittimità della conservazione di una «testimonianza mutila ma ancora riconoscibile di un’opera e di un intervento umano». Consapevoli che, sebbene un’opera d’arte sia ben conservata, la frammentarietà rimane spesso nella storia del pensiero. Per esempio uno dei grandi filoni della storia della pittura è la ricostruzione del senso che le ra ffigurazioni hanno avuto e che noi perdiamo: anche se riconosciamo l’iconografia, sovente non cogliamo più il senso profondo che quelle immagini hanno avuto per la cultura di chi le ha realizzate. Ecco, abbiamo voluto con questa rivista dedicare tempo ai frammenti, diventare una fucina di studi su grandi argomenti o anche solo piccoli dettagli perché siamo convinti che siano tutti anelli di congiunzione, siano tutti tasselli fondamentali per comprendere la nostra cultura odierna, legata inevitabilmente a doppio filo alla nostra cultura passata. Per questo la volontà di FRAGMENTA è quella di pubblicare annualmente saggi scientifici che possano affrontare tematiche molto differenti, dall’archeologia al restauro, alla storia dell’architettura, alla storia dell’arte, ma anche, come in questo numero, alla “storia della storia dell’arte”. Il nostro cammino, iniziato più di un anno fa, prosegue quindi alla ricerca di nuovi e stimolanti frammenti, testimonianze di quel territorio che, secondo la tradizione, si estendeva tra “Monti, Musoni, Ponto Dominorque Naoni” ovvero tra le prealpi bellunesi, il fiume Muson, il mare della laguna veneziana e il fiume Noncello.
Il saggio di apertura, non casualmente, prova a tracciare un quadro aggiornato delle delimitazioni e delle pertinenze del territorio trevigiano in epoca romana con il municipium di Bellunum (Belluno), riservando particolare attenzione al confine territoriale più incerto e dibattuto, quello del municipium di Opitergium (Oderzo), sulla base delle più aggiornate ricerche topografiche multidisciplinari. Dai confini il passaggio alla cartografia è quasi naturale: nel secondo saggio, grazie ad una preziosa indagine archivistica e all’importante documentazione di dipinti, disegni e bozzetti conservati presso la Biblioteca “Giovanni Comisso” di Treviso, scopriamo la figura del capitano Basilio Lasinio (1766-1832) artista, pittore e cartografo poco noto nel panorama degli studi italiani che ha o fferto il suo talento a fini istituzionali, come dimostra il suo ruolo di aiuto e “peintre” nel Corpo Topografico del Deposito della Guerra di Milano. Il terzo saggio ci porta invece a scoprire una delle splendide e tipiche dimore venete: Villa Sandi. L’imponente edificio di fine Seicento, che si trova a Crocetta del Montello, non è mai stato oggetto di studi approfonditi. Attribuito per molto tempo sulla scorta dei cronisti e conoscitori ottocenteschi ad Andrea Pagnossin, la “casa dominicale” è, invece, destinataria di una documentazione cartografica e archivistica del tutto diversa, inconsueta e rara nella storia costruttiva delle ville venete, resa qui fruibile grazie a un’attenta e preziosa indagine. A seguire una ricerca che permette di ricostruire le fortunose vicende della trecentesca arca funebre di Nicolò, figlio di Guecello Tempesta, della potente famiglia degli avogadori vescovili, signori di Noale, già nella chiesa di San Francesco a Treviso. Smontata e posta in salvo a Noale dal canonico Rossi durante la devastazione napoleonica, l’arca viene qui scrupolosamente analizzata ai fini della possibile virtuale ricomposizione grazie anche alla ritrovata formella principale figurata a rilievo. Il quinto e il sesto saggio attingono all’archivio di Luigi Coletti, conservato presso la Fondazione Benetton Studi Ricerche. Il primo passa in rassegna gli studi su Lorenzo Lotto compiuti da Coletti lungo tutta la sua carriera di storico e critico d’arte: muovendo dalla commissione del Polittico di Recanati e dagli a ffreschi lauretani di Signorelli e Melozzo, Coletti individuava in quest’ultimo un maestro dello stesso Lotto; proprio su tale ipotesi si costituirà uno dei principali nodi critici intorno all’organizzazione della grande mostra veneziana del 1953. Il secondo contributo, invece, analizza il riordinamento della Pinacoteca civica di Treviso a opera dello stesso storico dell’arte: al termine della Grande Guerra, con il rientro in città delle opere d’arte trevigiane, si aprì un vivace dibattito sulla loro collocazione tra Coletti, presidente della Commissione per il riordinamento e fautore di un allestimento moderno suddiviso per scuole e opere più meritevoli, e Luigi Bailo, allora direttore della Pinacoteca, le cui idee erano ancora di impostazione ottocentesca. La puntuale ricerca bibliografica e archivistica analizza le due opposte con- * Le citazioni riportate nel testo sono tratte da Salvatore Settis, Giulia Ammannati, Raffaello tra gli sterpi. Le rovine di Roma e le origini della tutela, Milano 2022, dall’articolo 9 del Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 e da Cesare Brandi, Teoria del Restauro, Torino 1977. cezioni che attestano il passaggio dalla tradizione erudita locale alla moderna figura di conservatore. Chiude la rivista un’interessante e inedita ricerca archivistica sulla storia della famiglia Rover e dei suoi esponenti principali, alcuni di loro committenti di Lorenzo Lotto e Paris Bordon. Ripercorrendo un ramo dell’albero genealogico si propone anche la storia del palazzo di famiglia in piazza San Leonardo a Treviso. Raccogliere la memoria di una comunità e condurla alle future generazioni, questo vuol essere FRAGMENTA.
Rossella Riscica
Aniello Sgambati
Chiara Voltarel
Comitato di redazione
Andrea Simionato
Direttore editoriale
*Le citazioni riportate nel testo sono tratte da Salvatore Settis, Giulia Ammannati, Raffaello tra gli sterpi. Le rovine di Roma e le origini della tutela, Milano 2022, dall’articolo 9 del Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 e da Cesare Brandi, Teoria del Restauro, Torino 1977.
SAGGI PUBBLICATI NEL SECONDO NUMERO DI FRAGMENTA
Confini di comunità: il limite territoriale tra Bellunum e Opitergium in epoca romana
Sara Balcon, Jacopo Turchetto
ABSTRACT
Le conoscenze inerenti all’organizzazione territoriale dell’Italia romana si basano su ricerche topografiche multidisciplinari che, attraverso dati in continuo aggiornamento, permettono di ricavare informazioni circa i fines degli antichi agri municipales. Obiettivo di questo contributo è quello di tracciare un quadro aggiornato delle delimitazioni e delle pertinenze del territorio del municipium di Bellunum (Belluno), vagliando le diverse ipotesi che si sono succedute nel tempo e riservando particolare attenzione al confine territoriale più incerto e dibattuto con il Trevigiano, e specialmente con il municipium di Opitergium (Oderzo).
The knowledge on the territorial organization of Roman Italy is based on multidisciplinary topographical researches which, through continuously updated data, allow us to obtain information regarding the fines of the ancient agri municipales. The aim of this article is to outline an updated scenario of the delimitations and pertinences of the municipal territories of Bellunum (Belluno), examining the various hypotheses that have been proposed through time and pointing out the attention to the more uncertain and debated territorial border with the Province of Treviso, and especially with the municipium of Opitergium (Oderzo).
Basilio Lasinio, un artista trevigiano tra gli ingegneri-geografi di Napoleone. Cenni biografici e produzione artistica
Massimo Rossi
ABSTRACT
Questo articolo, nelle sue linee metodologiche generali, adotta il “metodo storicobiografico” e si concentra sul capitano Basilio Lasinio di Treviso (1766-1832), in gran parte sconosciuto nel panorama degli studi italiani, per indagare la sua biografia di artista, pittore e cartografo. La biografia di Lasinio dimostra che egli aveva vissuto organicamente il suo tempo storico condividendone gli ideali, e le correnti artistiche, offrendo il suo talento a fini istituzionali. Per definire più chiaramente la sua azione abbiamo considerato il suo ruolo di aiuto e “peintre” nel Corpo Topografico del Deposito della Guerra di Milano, attraverso l’indagine archivistica e l’importante documentazione di dipinti, disegni e bozzetti conservati presso la Biblioteca “Giovanni Comisso” di Treviso.
This article, in its general methodological lines, adopts the “historical-biographical method” and focuses on Captain Basilio Lasinio of Treviso (1766-1832), largely unknown in the panorama of Italian studies, to investigate his biography as an artist, painter and cartographer. Lasinio’s biography demonstrates that he had organically lived his historical time by sharing its ideals and artistic currents, offering his talent for institutional purposes. To define his action more clearly, we have considered his role as assistant and “peintre” in the Topographical Corps of the War Depot of Milan, through the archival investigation and the important documentation of paintings, drawings and sketches conserved in the Library “Giovanni Comisso” of Treviso.
Lucio De Bortoli
ABSTRACT
Villa Sandi, edificio di villa di fine Seicento a Crocetta del Montello, non è mai stata oggetto di attenti e approfonditi studi, soprattutto documentari e archivistici. Ufficialmente attribuita per molto tempo e sulla scorta dei cronisti e conoscitori ottocenteschi ad Andrea Pagnossin, della cui attività progettuale non è mai stata trovata alcuna prova documentaria, la villa è, invece, destinataria di una documentazione cartografica e archivistica del tutto diversa, inconsueta e finanche rara nella storia costruttiva delle ville venete. A cominciare dal ritrovamento del percorso e della composizione del tormentato cantiere che consente di mettere in ordine nozioni rese pubbliche in modo sinora frammentario e di restituire giusta titolarità d’impresa ai suoi autentici artefici, proti, mureri, marangoni e tagliapietra.
Villa Sandi, a late 17th century villa building in Crocetta del Montello, has never been the subject of careful and thorough studies, especially documentary and archival. Officially attributed, for a long time and in the wake of nineteenth-century chroniclers and connoisseurs to Andrea Pagnossin, of whose design activity no documentary evidence has ever been found, the villa is instead the recipient of documentation completely different, unusual and even rare cartographic and archival history in the construction history of Venetian villas. Starting with the discovery of the path and composition of the troubled construction site that allows us to put in order notions made public in a fragmented way up to now and to restore the right ownership of the company to its authentic architects, proti, mureri, marangoni and stonecutters.
L’arca di Nicolò Tempesta in San Francesco a Treviso: vicende e ipotesi di ricomposizione
Andrea Bellieni
ABSTRACT
Il saggio ripercorre documentalmente le fortunose vicende, realizzative e successive, della trecentesca arca funebre di Nicolò, figlio di Guecello Tempesta, della potente famiglia degli avogadori vescovili, signori di Noale, già nella chiesa di San Francesco a Treviso: nella devastazione napoleonica smontata e posta in salvo a Noale dal canonico Rossi, alle superstiti parti scultoree ed epigrafiche poi acquisite da Luigi Bailo per il Museo Trevigiano e all’iscrizione funebre rimasta a Noale, si unisce ora la ritrovata formella principale figurata a rilievo, ai fini della possibile virtuale ricomposizione.
The essay retraces documentally the troubled events, construction and subsequent, of the fourteenth-century funerary ark of Nicolò, son of Guecello Tempesta, of the powerful family of episcopal avogadori, rulers of Noale, formerly in the church of San Francesco in Treviso: dismantled and placed saved in Noale by canon Rossi during the Napoleonic devastation, the surviving sculptural and epigraphic parts later acquired by Luigi Bailo for the Museo Trevigiano and the funeral inscription left in Noale, are now joined with the rediscovered main panel figured in relief, for the purposes of possible virtual recomposition.
Luigi Coletti e la formazione di Lorenzo Lotto nelle Marche: nascita di una teoria storico-artistica
Alessandro Biella
ABSTRACT
Nella rassegna degli studi su Lorenzo Lotto compiuti da Luigi Coletti lungo tutta la propria carriera di storico e critico d’arte, l’ipotesi sulla formazione marchigiana del pittore costituisce un punto di svolta cruciale. Muovendo dalla commissione del Polittico di Recanati e dagli affreschi lauretani di Signorelli e Melozzo, Coletti riterrà di individuare in quest’ultimo un maestro dello stesso Lorenzo. Tale teoria ebbe molto successo tra gli studiosi dell’epoca e costituirà uno dei principali nodi critici intorno all’organizzazione della grande mostra veneziana del 1953.
In the survey of the studies on Lorenzo Lotto accomplished by Luigi Coletti throughout his career as an art historian and art critic, the hypothesis that the painter’s training took place in the Marche region is a crucial turning point. Starting from the commission of the Recanati Polyptych, and from Signorelli’s and Melozzo’s frescoes in Loreto, the historian will deem to identify in the latter a master of Lorenzo himself. This theory was very successful among contemporary scholars, and will dictate one of the main critical points around the organization of the great venetian exhibition in 1953.
Sul riordinamento della Pinacoteca di Treviso a opera di Luigi Coletti
Alice Cutullé
ABSTRACT
Il presente contributo intende concentrarsi sul riordinamento della Pinacoteca civica di Treviso a opera di Luigi Coletti (1886-1961), storico dell’arte e figura di spicco del milieu intellettuale cittadino. All’indomani della Grande Guerra, con la fine delle ostilità, le opere d’arte trevigiane erano rientrate dai rifugi in città, innescando un vivace dibattito su quale fosse la loro collocazione più idonea. Con l’acquisto di Palazzo Zuccareda da parte del Comune si apre una diatriba tra Coletti, presidente della Commissione per il riordinamento, fautore di un allestimento moderno suddiviso per scuole e selezione dei quadri più meritevoli, e Luigi Bailo, l’allora direttore della Pinacoteca, le cui idee erano ancora di impostazione ottocentesca. Attraverso una ricerca bibliografica e archivistica, si analizzano le due diverse concezioni, che attestano il passaggio dalla tradizione erudita locale alla moderna figura di conservatore.
This paper focuses on the reorganization of the Treviso Civic Art Gallery by Luigi Coletti (1886-1961), art historian and a leading figure in the city's intellectual milieu. After the Great War, with the end of hostilities, the Treviso artworks had returned from their refugees to the city, producing a lively debate on which was their most suitable location. With the purchase of Palazzo Zuccareda by the Municipality a dispute opens between Coletti, president of the Commission for the reorganization, supporter of a modern layout divided by schools and selection of masterpieces, and Luigi Bailo, the director of the Pinacoteca, still linked to nineteenth-century concepts. Through a bibliographic and archival research, the two different suggestions are analyzed, which attest the transition from the local erudite tradition to the modern figure of curator.
La famiglia Rover e il palazzo in San Leonardo a Treviso. Appunti archivistici
Smeralda Panichelli
ABSTRACT
In occasione dei recenti restauri effettuati al Museo Bailo di Treviso, sono stati riportati alla luce alcuni frammenti di affreschi provenienti da antichi edifici cittadini. Fra essi sono presenti anche alcuni fregi che decoravano delle stanze di Palazzo Rover a San Leonardo. Attraverso la lettura di documenti d’archivio, si riesce a delineare una prima traccia della storia della famiglia e dei suoi esponenti principali, nonché rintracciare i primi Rover che si stabilirono nel palazzo dal quale nel 1886 gli affreschi vennero staccati e donati al museo cittadino.
On the occasion of the recent restorations carried out at the Bailo Museum in Treviso, some fragments of frescoes from ancient city buildings have been brought to light. Among them there are also some friezes that decorated the rooms of Palazzo Rover in San Leonardo. By the reading of archival documents, it is possible to outline a first trace of the history of the family and its main exponents, as well as trace the first Rovers who settled in the building from which, in 1886, the frescoes were detached and donated to the city museum.